2013 – A/polis pensieri dall’esilio
Parlare d’esilio significa innanzitutto evitare la trappola della retorica dell’esilio e della letteratura di genere. La via che abbiamo scelto è di andare al cuore della questione: che cosa rappresenta l’esilio nella scrittura e nella vita di uno scrittore?
Abbiamo inteso che l’esilio – come spaesamento radicale – può essere ricercato come percorso necessario – vocazione ? – alla creazione.
È il tema dell’esilio riconosciuto come patria esistenziale, consustanziale alla condizione di essere umani precipitati nel mondo, e dello straniamento, come porta d’accesso all’altro da sé e al vedere la realtà con occhi non omologati/non omologanti.
Questa vertigine dello spaesamento non significa necessariamente distacco o indifferenza alla vita, anzi il più delle volte è segno di grande aderenza alla realtà sociale e di umanità non esibita, perché troppo dolorosamente consapevole della propria volubilità e impermanenza. In termini biografici e socio-politici, l’esilio è però per alcuni anche condizione di salvezza della propria vita e della propria scrittura, aspetti che, non di rado, nei casi più autentici, coincidono, perché non ci può essere vita al di fuori della letteratura.

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