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Rebecca Gisler

1991

Ha studiato presso l’Istituto svizzero di letteratura di Bienne e ha poi conseguito un Master in Création littéraire all’università di Parigi VIII. Lavora come traduttrice e autrice, scrive poesie e prosa ed è co-organizzatrice della serie “Teppich” presso la Literaturhaus Zürich. Anche se è cresciuta a Zurigo, Gisler scrive abitualmente in francese, la sua lingua madre. Anche il suo romanzo d’esordio, d’oncle (Paris, Verdier, 2021), è stato scritto prima in francese. Mentre lavorava ancora alla prima versione, ha tradotto prima un passaggio e poi l’intero romanzo in tedesco Vom Onkel (Zürich, Atlantis, 2022). Il lavoro di traduzione le è sembrato a volte, come se stesse scrivendo il testo una seconda volta. A Chiasso presenterà la versione italiana Dello Zio. Traduzione di Luigi Colombo (Locarno, Dadò, 2024).

in dialogo e con traduzione di Ruth Gantert, redattrice e mediatrice letteraria.
In collaborazione con Viceversa Letteratura.

Incipit

Dello Zio

(Dadò, 2024) trad. di L. Colombo 

Una notte, mi sono svegliata con la convinzione che lo zio era fuggito dal buco del gabinetto, e allora, spingendo la porta della toilette, ho constatato che lo zio, in effetti, era fuggito dal buco del gabinetto, e sul pavimento c’erano tanti brandelli di carta igienica e centinaia di piume bianche, come se qualcuno avesse fatto una battaglia di cuscini, e sia la tazza che i muri erano impataccati di peli e di ogni sorta di escrementi, e guardando il piccolo buco di ceramica mi sono detta che non doveva essere stato facile per lo zio, e mi sono chiesta cosa avrei potuto fare per toglierlo di lì, sapendo che lo zio deve pesare almeno un quintale, e per cominciare ho preso la spazzola del water e l’ho spinta il più in là possibile nel buco in fondo al quale ristagnava dell’acqua brunastra, e ho rigirato la spazzola ma era inutile, forse lo zio aveva già raggiunto la fossa settica, e rigirando, l’acqua stagnante tracimava sul pavimento, trascinandosi dietro ripugnanti materie, e io scivolavo e le mie ginocchia sprofondavano in quel conglomerato, e mi sembrava quasi di essere nella baia dopo che il mare s’è appena ritirato, quando tutto è limaccioso e nauseabondo.