1974
È una autrice palestinese di narrativa, teatro e saggi in lingua araba. Laureata in comunicazione e giornalismo a Gerusalemme inizia la sua attività letteraria con la pubblicazione di racconti nella rivista Al-Karmel, diretta da Mahmud Darwisch. I suoi lavori vengono pubblicati in molti paesi del mondo arabo e europeo. Tra i suoi titoli pubblicati in italiano, ricordiamo il romanzo Sensi (Argo, 2007 – Nuova edizione, La nave di Teseo, 2025), e la raccolta di racconti Pallidi segni di quiete (Argo, 2014). Il romanzo Un dettaglio minore (La nave di Teseo, 2021) è selezionato per l’International Booker Prize 2021 e riceve a Francoforte il liberaturpreis, premio promosso dall’associazione Litprom che decide però di non assegnarlo all’autrice, a causa del “della guerra, iniziata da Hamas” (citazione da Litprom). In suo appoggio si schierarono 1’500 autori, tra cui i Nobel Annie Ernaux, Abdulrazak Gurnah e Olga Tokarczuk. Adania Shibli parla molte lingue europee ma scrive i suoi testi letterari in lingua araba perché “questa lingua è una strega, una strega incredibile, divertente, folle, generosa e indulgente. Mi ha permesso tutto. È lo spazio della libertà più intima che abbia mai sperimentato nella mia vita.”
Spazio Officina
sabato 10 Maggio alle 17.30 - 18.30
Incontro con Adania Shibli
in dialogo con Maria Nadotti, giornalista e saggista.
Traduzione di Romana Manzoni Agliati.
Incipit
Un dettaglio minore
(La Nave di Teseo, 2021) trad. di M. Ruocco
Tutto era immobile, tranne i miraggi. Il loro riverbero faceva tremare le interminabili distese di aride colline che si alzavano silenziose verso il cielo, mentre la luce accecante del sole pomeridiano rendeva sfocato il profilo giallo ocra dei crinali sabbiosi. Gli unici dettagli riconoscibili di quelle alture erano i profili indefiniti che si inclinavano a caso in dislivelli e curve incoerenti, le esili ombre dei cespugli secchi di poterio spinoso, e le rocce che punteggiavano il terreno. Oltre questo, nient’altro, soltanto la vasta superficie dell’arido deserto del Negev su cui si era posato il caldo torrido del mese di agosto.
In quella immensità, gli unici segni di vita erano gli echi di un abbaiare lontano e il rumore dei soldati impegnati a montare il campo. Quei suoni giungevano alle sue orecchie mentre dalla posizione in cui si trovava, su una di quelle alture, osservava con il binocolo la scena che gli si apriva davanti.