di Elisabeth Sassi
Alla deriva tra gli echi, così possiamo tradurre il titolo della mostra inaugurata allo Spazio Lampo e che rimarrà aperta al pubblico fino al 12 giugno. L’incontro tra Barbara Prenka e Alessandra Novaga coincide con l’opportunità per le arti plastiche e la musica di entrate in contatto tra loro creando nuovi orizzonti di senso. Le tele pittoriche, strappate e tagliate, vengono pazientemente ricucite dai gesti di Barbara Prenka guidata da un istinto ereditato matrilinearmente. Nata in Kossovo e giunta in Italia a otto anni, la trapunta è per lei un simbolo che la riporta a quel viaggio verso una nuova terra, si tratta di un oggetto apparentemente banale, presente nelle case di molte persone, ma che anche storicamente è carico di diversi significati, basti pensare alla coperta ricamata tipicamente donata dopo le nozze con l’augurio di fecondità. La trapunta diventa così una tela plastica sulla quale Prenka non solo dipinge, ma ne modella le superfici attraverso le cuciture che suddividono lo spazio e corrono lungo i confini di questi quadri-trapunte come fossero onde del mare. I confini però – nemmeno nell’arte – sono così semplici da definire, gli oblò (i buchi) lasciano libertà allo sguardo di fuggire oltre i bordi rammendati, lungo le pareti, in perfetta armonia e dialogo con l’arredamento familiare dello Spazio Lampo, che oltre ad essere vetrina per i giovani talenti è pure un luogo di co-working. Il tessuto è raffinato, proprio come i pizzi ricamati dalle nonne di Barbara Prenka che con dedizione si dedicavano all’arte della trama e dell’ordito, arte prediletta, come lei stessa ha ricordato, per dimostrare il proprio valore come donna. È proprio da questa dimensione accogliente e familiare che Prenka trae ispirazione, la sua opera vuole essere un porto sicuro che avvolge lo sguardo di chi osserva, una girandola di sfumature variopinte che inchioda lo sguardo e allo stesso tempo emancipa l’opera dall’oggetto quotidiano di partenza. In questo gioco di introspezione e autonomia dell’opera d’arte si inserisce Alessandra Novaga: in occasione di questo incontro, voluto dai curatori Francesco Giudici e Giulia Guanella, ha avvolto attraverso suggestioni sonore l’opera plastica e morbida di Prenka senza, ovviamente, tradire la sua identità musicale. Il concerto dal vivo, un esperimento che ha avuto luogo in occasione dell’inaugurazione, è stato registrato per poi fungere da colonna sonora dell’esposizione. Anche il suono in questo caso è necessariamente in dialogo con l’ambiente nel quale si inserisce, fatto di persone, suggestioni e colori. A orecchie inesperte, i suoni che caratterizzano questa performance musicale, sono difficilmente riconducibili a quell’unico strumento: la chitarra. La formazione classica di Alessandra Novaga risuona tracotante nella sua musica sperimentale, l’utilizzo dell’arco sulle corde della chitarra dà l’impressione di un ensemble di archi poco prima di un concerto alla ricerca dell’accordo, una melodia morbida, avvolgente, in armonia con le opere appese alle pareti. Ma basta abbandonare l’arco e sostituirlo con lo slide e veniamo risucchiati da uno di quei buchi-finestra delle trapunte, il suono della chitarra elettrica ora si fa più onirico, pungente, spaziale. È questa l’identità musicale di Alessandra Novaga? Non ci è dato saperlo. Grazie alla looping station tutto si mescola, interagisce, un botta e risposta tra la musicista e la sua stessa musica alla quale si accosta anche lei come fosse la prima volta. L’improvvisazione sarà pure qualcosa di irrazionale, d’accogliere come viene, però quel che appare subito certo è che poi, questa materia sfuggente, bisogna saperla cavalcare – e in questo Novaga dimostra tutta la sua maestria. Arte contemporanea e musica sperimentale, due correnti unite in un matrimonio riuscito, quello tra Novaga e Prenka; due fiumi che scorrono all’unisono conservando però i loro colori senza mescolarsi, come il Rio Negro e il Rio delle Amazzoni.
Per ascoltare l’intervista a Barbara Prenka:
Intervista a Alessandra Novaga: