di Sofia Perissinotto
Luigi Zoja è psicoanalista, sociologo e saggista italiano, nella sua lunga carriera ha indagato alcune delle questioni più spinose del contemporaneo, guidato dai miti, dalla tradizione letteraria e dalle tematiche archetipiche.
Nell’ultima giornata di festival, presenta la sua ultima fatica, il saggio Narrare l’Italia. Dal vertice del mondo a oggi (Bollati Boringhieri). Un lavoro appena pubblicato, presentato per la prima volta in Svizzera, a ChiassoLetteraria.
A dialogare con lui sul palco, la giornalista Michela Daghini.
Narrare l’Italia. Dal vertice del mondo a oggi raccoglie oltre nove anni di lavoro ed è un testo che riflette sull’Italia, attraverso uno sguardo psicologico e psicoanalitico. Il saggio non vuole darsi come testo storico, quanto come un viaggio nel tempo e nello spazio, attraverso i percorsi più profondi, carsici, che attraversano l’inconscio collettivo.
Un’operazione particolarmente complessa per un Paese su cui esistono infiniti sguardi e un’esuberanza di narrazioni, ma su cui contemporaneamente manca una storiografia completa e dove il sostantivo italiano permane come vago. Trovare i fili oggettivi della narrazione di ciò che è italiano (fili di continuità), storicizzando i luoghi comuni, inseguendone le origini e gli sviluppi, è una delle imprese di questo lavoro.
Non discuteremo una storia d’Italia, ma certe specificità che la rendono, appunto, Italia e non un altro paese. All’inizio del nostro lavoro sarà inevitabile attraversare l’antica Roma, ma per notare come Italia e Roma siano cose distinte. Non faremo, però, neppure iniziare l’Italia dallo Stato italiano, che nasce solo in tempi recenti. […] Non poniamo al centro del nostro discorso lo Stato debole di oggi, ma la cultura forte che primeggiò il mondo. Questa include la lingua italiana. Quindi Dante è una scelta obbligata, il principio e insieme il vertice, di cui presto parleremo.
La figura di Dante viene ripresa più volte nel corso dell’incontro. Anche attraverso di lui passa uno dei fili di continuità più indagati dallo studioso: quello degli umili, concetto ricorrente e fondamentale nella sua analisi. È infatti Dante che estende la cultura agli umili, includendoli nella sua narrazione, dandogli una nuova accezione, ma soprattutto scegliendo di scrivere – per primo – nella lingua parlata, in volgare.
Gli umili, evidenzia Zoja, sono i protagonisti di due tempi particolarmente fecondi per la penisola e giocano così un ruolo chiave per ogni narrazione. Il loro ruolo è infatti centrale in quella parabola di prosperità che dal Tardo Medioevo arriva al Rinascimento, caratterizzata da un processo di forte urbanizzazione, in cui la penisola sperimenta nuove forme politiche e sociali, e raggiunge il più alto livello di produzione culturale-artistica. Ma non solo: sul piano economico, tra Tardo Medioevo e Rinascimento il reddito medio nei comuni italiani è del 70% più elevato rispetto a quello dei paesi secondi (Francia e Germania).
Per assistere al ritorno in scena degli umili bisogna attendere la metà del ventesimo secolo, oltrepassate le retoriche e le brutture del fascismo, colpevoli di un mostruoso appiattimento. Nel dopoguerra, infatti, irrompe nell’immaginario il neorealismo, creazione prodotta dall’Italia e, soprattutto, auto-narrazione del paese.
Nell’Italia del dopoguerra, fra gli indirizzi culturali nuovi prevalse il neorealismo, basato sugli anti-eroi. La nuova narrazione ruppe ogni argine, invadendo letteratura e cinema. Questo a sua volta si trasformò in comunicazione di massa, spazio di vita irreversibile anti-eroico.
La riflessione prosegue, ricca, conducendo il pubblico attraverso i quattro secoli di stagnazione successivi al Rinascimento, che sconfessano la narrazione di un’Italia storicamente in crescita, fino alla violenza del processo di unificazione che, non rispettando le differenze, eclissa il principio di relatività (l’appartenenza a entità relative). Nel mezzo compaiono accenni a Giotto, un umile che diventa primo pittore; alle molteplici voci di intellettuali che, in secoli vari, alimentano narrazioni di gloria fittizie, fino all’immagine doppia e contraddittoria preparata dal Gran Tour.
Nelle riflessioni conclusive un ampio spazio è dedicato all’ideologia fascista; maschilismo, comunicazione corporea, personalizzazione della politica, principio semplificatorio sono solo alcuni elementi ricordati, che ne hanno forgiato le narrazioni.
Scegliamo, in conclusione, di muoverci a cerchio, e torniamo all’inizio dell’incontro quando Zoja ha ringraziato pubblicamente Antonio Scurati per il suo riconoscimento sul saggio. Si è lì ricordata la vicenda di censura di cui, pochi giorni fa, lo scrittore è stato vittima in Italia, quando non ha potuto recitare il suo monologo sul fascismo, previsto a Raitre, per il 25 aprile.
Ci muoviamo a cerchio, poiché desideriamo che le voci continuino a parlare e che le narrazioni siano limpide.