Di Sofia Perissinotto
Per me questo spazio di apertura radicale è il margine, il bordo, là dove la profondità è assoluta. Trovare casa in questo spazio è difficile, ma necessario.
bell hooks, Elogio del margine
Domenica mattina, presso lo Spazio Lampo di Chiasso, si è tenuto l’incontro Impressioni – Simposio sulla produzione culturale ai margini, a cura dell’Associazione Grande Velocità. Gli ospiti Robida Collective e Verzasca Foto Festival hanno dialogato con Spazio Lampo (Chiasso, CH) e Anne-Laure Franchette di Volumes, Teti Group, Zurich Art Space Guide.
Un incontro tra realtà di confine e un dialogo fertile sulle varie forme di generatività dell’arte. Un’occasione per presentarsi, confrontarsi e portare i margini al centro dei discorsi e dei pensieri.
Di seguito, un frammento dell’incontro.
Robida Collective
Robida è un collettivo composto da architetti, grafici, disegnatori, ricercatori, persone impegnate in discipline umanistiche. Si muove nell’intersezione tra parola parlata e scritta, con una radio, Radio Robida, e una rivista, Robida Magazine, con cui tenta di portare nel mondo le proprie ricerche.
Il gruppo è eterogeneo ed è unito da relazioni di affetto e di cura per un luogo: il paese di Topolò/Topolove, in provincia di Udine, tra Italia e Slovenia. Un paese alla fine di una strada, in cui si arriva, si approda; dove le case sono vecchie, piccole e compatte, gli abitanti sono 25 e, di questi, 5 sono parte di Robida.
Un paese scomodo che è stato, per tutto il ventesimo secolo, terra di emigrazione. Lo spopolamento ha consentito alla vegetazione di riprendersi gli spazi: oggi gli alberi ingannano i nuovi arrivati, fingendosi foresta antichissima, quando in realtà sono presenza recente, sorta su territori agricoli, abbandonati.
Sullo stesso terreno nasce e cresce anche il collettivo Robida, in un progetto lungo trent’anni, iniziato nel ‘94. In origine, l’idea era portare alcunə artistə a confrontarsi con una comunità e un luogo fragile. Con il tempo, l’idea si è trasformata, diventando una vera e propria pratica, che continua a prendersi cura di un posto e della sua comunità. Da manifestazione estiva è diventata una presenza stanziale, in cui determinante è stata la decisione del collettivo di abitare il luogo tutto l’anno.
Oggi, i progetti all’attivo sono numerosi: oltre alla creazione di una rivista e di una radio, sono organizzati workshop, residenze per artistə, giornate di educazione e formazione.
Verzasca Foto Festival
Una valle ticinese che, un po’ come Topolò, finisce, si chiude, non porta altrove se non lì.
Dal desiderio di trovare un altro modo di rappresentare un territorio, nel tempo sempre più turistico, nasce il Verzasca Foto Festival. Un progetto che prende avvio in modo spontaneo, tra amici e famiglie, e che mira a promuovere fotografi emergenti e a sostenere le arti visive nelle aree periferiche.
La prima mostra è allestita nel 2014, il tema è Finestre sul mondo, e – in maniera emblematica – vengono subito coinvolti nell’esposizione anche i muri delle abitazioni abbandonate. Da quel momento, si sviluppa la storia di un festival di montagna, che diventa occasione di incontro tra artisti svizzeri e internazionali, ed è oggi alla sua decima edizione (30 agosto – 3 settembre 2023).
Centrale si rivela subito la volontà di entrare in dialogo con la comunità locale, coinvolgendola e facendola diventare parte attiva. In questa direzione vanno le attività proposte durante le giornate di festival, come gli incontri, le proiezioni, l’attività musicale, ma anche il progetto inaugurato nel 2005 di residenze artistiche, rivelatosi un importante ponte tra i luoghi. Per l’ospitalità degli artistə, infatti, si è iniziato a sistemare alcuni spazi in disuso e ad attivare nuove collaborazioni con gli abitanti.
Tra i vari eventi aperti a tuttə, viene ricordato un importante appuntamento previsto tra pochi giorni: l’inaugurazione, il 20 maggio, di Casa Azul (Gordola, Ticino); uno spazio abbandonato per più di quarant’anni, destinato ad essere demolito, ora recuperato e pronto a diventare un luogo espositivo e di incontro.
Partecipante: abbiamo ascoltato la presentazione di progetti pieni di sfumature, sicuramente difficili da condensare. Sono emersi diversi aspetti sul margine, sul viverlo, e su cosa renda margine un luogo. Cosa rende i vostri luoghi marginali? E cosa porta lo scambio a questi luoghi che sono alla fine di qualcosa?
Vida Rucli (Robida): Mi sembra che ogni anno questi temi, importanti per la nostra crescita e il nostro sviluppo, si articolino in modo differente. Ad esempio, il concetto di margine. Il nostro essere su questo confine non vuol dire solo essere su una soglia verso un’altra parte, ma apre riflessioni interessanti sul tema politico dell’ospitalità, dell’emigrazione. Il margine è radicale apertura, in cui sei obbligato a capire il centro. E questa radicale apertura verso il mondo mette in contatto con tutte le altre marginalità, quindi pone in relazione sia con il centro sia con altri margini e marginalità etnico-linguistiche, sociali e vegetali.
Partecipante: ascoltando i vostri progetti, mi è venuta in mente un’altra parola: responsabilità. Di chi è la responsabilità dei luoghi, quando si è così pochi o quando si è cosi tanti? Chi se ne prende cura?
Resta una domanda aperta, e la consegniamo a voi.