di Giuditta Wiesendanger
Durante l’ultima giornata di festival l’acclamato e multi premiato scrittore statunitense Jeff VanderMeer è stato intervistato da Marco Malvestio, scrittore e ricercatore presso l’Università di Padova. Ad accumunare i due scrittori vi è un genere letterario: l’ecofiction, genere che si focalizza sulle interazioni tra l’ambiente naturale e gli esseri umani. Per le sue opere visionarie l’autore floridiano ha ottenuto molteplici nomination e diversi premi a livello internazionale; per citarne alcuni: un Nebula Award per il miglior romanzo, due World Fantasy Award, e molti altri.
Ad aprire l’incontro è la domanda di Malvestio riguardo la possibilità e il potenziale che la letteratura speculativa ha di discutere di temi di attualità che talvolta possono sembrarci tanto grandi e tanto lontani. VanderMeer ci spiega che il fascino della fiction speculativa è proprio quello di inserire all’interno di contesti completamente nuovi problematiche che altrimenti non si inserirebbero lì. In questo modo chi legge è confrontato con una lettura che suscita diverse sensazioni e che in qualche modo riesce a smuovere. È grazie a questa dislocazione di temi e grazie alla maniera dettagliata con cui viene descritto l’ambiente in cui si inseriscono che l’opera dell’autore statunitense penetra la psicologia di un fenomeno.
Durante l’incontro, con l’intento di approfondire il tema dell’ambiente che ci circonda come protagonista di una narrazione, il pubblico di Chiassoletteraria ha scoperto che nel suo terreno in Florida VanderMeer ha intrapreso un progetto di rewildening (“rinaturazione”), il quale consiste nel ripristinare le caratteristiche ambientali di un ecosistema degradato a partire dal piantare piante indigene e lasciarle crescere liberamente. L’autore racconta che è a partire da processi come quelli che stanno avvenendo nella sua proprietà che l’ambiente ci racconta delle storie: nuova vita che nasce e riprende possesso di uno spazio che gli spetta, riportando vitalità all’ambiente circostante.
Se volete rimanere al passo potete vedere le progress pictures seguendolo sul suo profilo Instagram @jeff_vandermeer123.
Per rimanere in tema, l’autore anticipa al pubblico che la nuova serie di romanzi su cui sta lavorando è ambientata proprio in un luogo ispirato dal suo terreno. Spiega che il suo appezzamento comprende il confine fra due vecchie piantagioni e che questo spazio rappresenta per lui una sorta di finestra che dà su qualcosa di ibrido, di ignoto, di difficile da incasellare. Infine, VanderMeer ricorda quanto sia importante per lui creare e trarre ispirazione proprio dall’ambiente che lo circonda.
Dopo la fine dell’incontro, una boccata d’aria più tardi, noi del blog abbiamo posto a Marco Malvestio qualche domanda a proposito del genere dell’ecofiction in un contesto italiano. L’ambito di competenza di Marco è proprio questo; ci spiega che in Italia ancora mancano autori o autrici che si concentrano su temi ambientalisti al di fuori di cornici distopiche, in Italia è presente soprattutto letteratura post-apocalittica. Ci racconta che questo tipo di letteratura dipinge il cambiamento climatico come un evento unico sensazionalizzato e non come un processo. Questo tipo di rappresentazione si concentra su scenari totalmente immaginati e ha un attaccamento debole alla realtà dei fatti. Ancora manca quel tipo di narrazione che VanderMeer ha citato, quella narrazione che nasce proprio dall’ambiente e dalla storia dei suoi spazi.
Per concludere, ritornando sul continente americano, citiamo le parole di VanderMeer in risposta alla domanda:
come vedi il nostro futuro?
Sappiamo cosa va fatto e non lo stiamo facendo, ma almeno c’è speranza.