di Rachele Spinedi
Sabato pomeriggio il numeroso pubblico di Chiassoletteraria ha accolto calorosamente Olga Campofreda e Andrea Donaera, due giovani scrittori del Meridione italiano che hanno condiviso le loro riflessioni sui giovani, sul Sud Italia, sul passaggio verso l’età adulta e sulle metamorfosi del canone letterario. L’evento si è tenuto in collaborazione con la trasmissione “Alice” di Rete Due, con Massimo Zenari, conduttore radiofonico, a moderare l’incontro.
Olga Campofreda (Caserta, 1987) è scrittrice e ricercatrice in Italian Studies presso l’University College di Londra. Il suo lavoro accademico indaga la rappresentazione della giovinezza, il romanzo di formazione, la controcultura e le culture giovanili. Ha pubblicato Giovinezza e identità, impegno nell’opera di Pier Vittorio Todelli (Mimesis, 2020) e A San Francisco con Lawrence Ferlinghetti. Viaggio oltre la Beat Generation (Perrone, 2019). A Chiassoetteraria ha presentato il suo primo romanzo, Ragazze perbene (NN Editore, 2023), che racconta la storia delle cugine Clara e Rossella, cresciute nella Caserta degli anni Novanta.
Andrea Donaera (Maglie, provincia di Lecce, 1989) è un poeta e scrittore pugliese cresciuto a Gallipoli. Si è laureato in Scienze della comunicazione e ha esordito come poeta con la raccolta Certe cose, certe volte (Marco Saya, 2013), a cui sono seguite Occhi rossi (Round midnight, 2015), I vivi, un tremore: 12 poesie (Fallone 2022), il saggio su Elio Pagliarani Su una tovaglia lisa (L’Erudita, 2017) e i due romanzi presentati al festival: Io sono la bestia (NN Editore, 2019), e Lei che non tocca mai terra (NN Editore, 2021). Appassionato di musica metal, scrive anche per “Metalitalia”.
Di seguito potete leggere qualche domanda che noi del blog abbiamo posto a Campofreda e Donaera e le loro risposte.
Partiamo dal principio, dal titolo dei vostri romanzi: Ragazze perbene, Io sono la bestia e Lei che non tocca mai terra. Come siete approdati a questa scelta?
Olga Campofreda: È stato il secondo titolo che ho pensato per questo romanzo, perché, quando ero più giovane, avevo scritto una poesia che si chiamava “Una ragazza perbene”, e mi sembrava di aver già usato questo titolo, anche se rimanda spesso alle mie riflessioni su quando si diventa realmente donna, come si cresce, quando ci si può dire adulti. E poi anche alle regole della nostra classe sociale che determinano il passaggio dall’infanzia all’età adulta. Il primo titolo era Il cortile, perché sono molto legata a un libro di Alba de Cespedes, Dalla parte di lei. Nella prima parte di questo romanzo, ambientato negli anni Trenta in Italia, durante il fascismo, si racconta di questo cortile, come luogo in cui le donne raccontavano le proprie vite, si sentivano libere, si muovevano all’oscuro degli uomini, al riparo dallo sguardo maschile. La comunità di donne in un cortile si ritrova anche nel mio libro, che è quello della scuola cattolica dove Rossella e Clara crescono.
Andrea Donaera: I titoli sono nati durante la stesura. Un po’ diverso è il caso di Io sono la bestia, perché inizialmente era un testo teatrale, che in seguito ho dilatato in un romanzo, mantenendo il titolo della sceneggiatura. Io sono la bestia riprende un passaggio, una frase detta da un personaggio dal romanzo. Lei che non tocca mai terra, invece, non aveva un titolo, quando ho finito di scriverlo e ho deciso di prendere il verso di una canzone, che si trova nella storia. In entrambi i casi ci sono state delle discussioni in casa editrice, ma alla fine però la prima scelta è sempre quella che è stata confermata.
Avete scritto i vostri romanzi d’esordio (Ragazze perbene e Io sono la bestia) lontano dai luoghi in cui sono ambientati, che sono anche i luoghi da dove provenite, dove siete cresciuti. Avevate bisogno di questa distanza per scrivere?
Olga Campofreda: La distanza ti fa comprendere meglio delle cose rispetto a quando c’eri dentro fino al collo. E allora non solo ripensi a certi rifiuti che hai fatto in passato, ma li abbracci, li guardi da altre prospettive, con più indulgenza, e quindi li capisci di più, li perdoni. La distanza, secondo me è il preludio a un possibile perdono.
Andrea Donaera: Sì, per una questione tematica e una linguistica. Quella tematica perché se si è circondati dal proprio immaginario non ce ne si rende conto. Invece quando ti distacchi, ti rendi conto che nella testa c’è un grande Altro, un grande immaginario dal quale puoi attingere per creare storie. Quindi il distacco dal punto di vista dei contenuti, lo sguardo verso un territorio, uno sguardo più strabico, più sbilenco, mi ha permesso di raccontare una storia e non partecipare a una storia. E poi dal punto di vista linguistico, perché, quando sono andato a vivere a Bologna, mi sono reso conto che la mia lingua madre non è l’italiano. Io penso in dialetto, sogno in dialetto, sto traducendo in questo momento dal dialetto all’italiano, e ho deciso di capitalizzare questa faccenda. Allora mi son detto che avrei provato a scrivere un romanzo in cui traduco simultaneamente dal dialetto, e il risultato finale sarà il mio stile. La mia lingua sarà questa traduzione simultanea dal dialetto all’italiano.
I vostri romanzi sono diversi, ma trattano di temi molto simili che hanno a che fare con il tema del festival: la dissidenza. In che modo i vostri romanzi sono dissidenti?
Olga Campofreda: Questa è una domanda che mi permette di riflettere sulla giovinezza, il periodo per eccellenza della dissidenza. Con il mio romanzo la giovinezza per Clara e Rossella viene in un qualche modo sempre contenuta dalla famiglia e dagli adulti. Queste ragazze vengono incasellate in certi ruoli, modelli di comportamento, e si pretende che aderiscano. La prima dissidenza della giovinezza di queste due ragazze è quella di interrogare il desiderio. Il desiderio, la sessualità, sono termini che questo romanzo di formazione tradizionale, ovvero quello dato dalle famiglie alle ragazze, non viene mai nominato. Quando Clara va a Londra incomincia a entrare in questa spirale di app online per incontri, lei comincia a vivere il suo corpo diversamente, a percepire il suo corpo come qualcosa non che deve essere curato per gli altri, ma per sé stessa. Clara scopre il proprio piacere attraversandolo. Questa è una liberazione e una forma totale di dissidenza, che Clara scopre solo allontanandosi, perché il peso della comunità è talmente forte che non ci sarebbe stato altro modo. Nei nostri romanzi, effettivamente, la famiglia pesa, la famiglia mette i lacci, come direbbe Clara, lacci così stretti che fanno male, che lasciano i lividi.
Andrea Donaera: Credo che la dissidenza delle nuove generazioni, delle persone che stanno vivendo gli ultimi decenni, non solo nel Meridione ma in occidente in generale, è quella di riflettere intorno a determinati processi che per tantissimo tempo sono stati ritenuti normali, scontati. La faccenda della scoperta del corpo attraverso le app di incontri è una riflessione completamente inedita. Il libro di Olga fa vedere come attorno ai rapporti amorosi e sentimentali qualcuno oggi possa ritrovarsi costretto a ripetere, perché non c’è più lo spazio per mettere in atto un meccanismo ormai rodato. Incontro una, incontro uno, forse un po’ ci piacciamo, comunque organizziamo un matrimonio, facciamo figli, e poi si vede. Oggi bisogna riflettere molto di più. E riflettere crea innanzitutto nuove forme di narrazione, nuovi romanzi, nuovi mondi, nuovi modi di scrivere, e crea delle dissidenze anche cognitive e comportamentali. Il personaggio di Andrea, in questo romanzo, si rende conto che è circondato da persone che vivono il desiderio in maniera mobile. Il desiderio, diceva Lacan, scivola da un individuo all’altro. E lui dice “sì, io questa cosa l’ho vissuta per tutta la vita”, ma quando ha incontrato Miriam il suo desiderio si è fermato, un desiderio inconfondibile, insostituibile di cui se ne vuole ancora e ancora. Cazzo, questo è l’amore allora? Si rende che suo padre, sua madre, i genitori di Miriam, non hanno mai fatto questo tipo di riflessione quando si sono incontrati, si sono semplicemente incastrati in un sistema sociale. Quel suo riflettere su quello che sta avvenendo, sull’amore, è dissidenza.
Parliamo ora dei riferimenti che ci sono nei vostri romanzi, più o meno espliciti, a filosofi, psicoanalisti, cantanti e film che condividono questo spazio con modelli letterari più “classici”. Quali sono? Utilizzarli è anche questa una forma di dissidenza?
Olga Campofreda: Sicuramente le voci italiane che ho riscoperto all’estero hanno influito tantissimo per questo romanzo: Alba de Cespedes, Goliarda Sapienza, Natalia Ginzburg, Elsa Morante. Sono delle voci che mi hanno insegnato a costruire un personaggio come Clara, dandomi il permesso di uscire fuori dai canoni. Andrea Donaera diceva che la dissidenza è non avere un canone, sono pienamente d’accordo. Noi siamo quella generazione che per ultima ha testimoniato il Novecento, ovvero il mondo senza la rete. Siamo gli ultimi ad aver fatto esperienza di questo, siamo l’unica generazione a cavallo tra questi due mondi, siamo la vera mutazione antropologica. Nel momento in cui internet ha aperto le finestre sul mondo, su altre giovinezze, su altri rituali, su altre narrazioni di formazione, raccontare il romanzo di formazione e la giovinezza solo attraverso il canone occidentale, con i classici che abbiamo letto e studiato da ragazzi questo sarebbe una grande truffa. Rompere il canone significa anche rompere il fatto che la letteratura sia superiore a tanti altri tipo di rappresentazione come la musica, il cinema, etc. È un medium come gli altri, ha le sue determinazioni, le sue caratteristiche. La cosa migliore sarebbe quella di farli scoppiare tutti insieme: la letteratura con le serie tv per creare un universo più potente. In contrapposizione alla citazione finale di Goliarda Sapienza c’è un verso di Britney Spearse, “I was born to make you happy”, che si trova in un disco del 1999 che tutti avevano e ci insegnava che quello che dovevamo essere era quello che volevano gli altri, per rendere felici gli altri. Queste ragazze perbene sono cresciute credendo che la vita fosse questa, poi scoprire che non è così. Quello che volevo fare in questo romanzo era creare una sorta di complicità con il lettore, che probabilmente conosce la storia di Britney, ma nel 1999 nessuno si aspettava il suo cambio di svolta avvenuto nel 2007, quando si è lasciata alle spalle i panni della ragazzina acqua e sapone, rasandosi i capelli come reazione alla pressione subita, che la porterà a perdere la propria autonomia. Quindi il lettore sa che le ragazze perbene hanno cominciato a seguire un modello che però è il modello sbagliato, quello che finisce male, quello che scoppierà. E allora cosa ne sarà delle ragazze perbene?
Andrea Donaera: Credo che nessun millennial e membro della generazione Z potrà mai avere solo modelli letterari per scrivere libri. È una cosa nuova: non si può più parlare di libri pensando solo ai libri, perché chi scrive di libri oggi non ha interesse a parlare di libri. La letteratura oggi è provare a raccontare non qualcosa che non c’è, ma qualcosa che manca. Bisogna comprendere che è un nuovo atto di fare letteratura, capire che le persone che stanno scrivendo non hanno più solamente un canone letterario, ma molto altro, che è tutto da scoprire. Nel mio immaginario estetico-culturale i libri, la musica, le serie tv, il cinema, convogliano tutti per creare un grande calderone. Credo che questo è necessario per creare il proprio canone estetico, in cui non c’è un ordinamento condiviso con altri. C’è Jacques Lacan, Quentin Tarantino, David Lynch, Eduardo di Filippo, il black metal norvegese, Nabokov, Tolkien, Thomas Bernhard e Massimo Troisi. Tutte queste cose che mi piacciono, che nella vita mi aiutano a vivere meglio, mi sono servite per capire meglio il mondo e c’entrano in qualche modo con quello che scrivo. Questo mescolamento lo sento profondamente mio e ho iniziato a scrivere davvero quando ho fatto pace col fatto che dovevo utilizzare tutti i miei elementi preferiti del mio canone culturale-immaginifico.
L’invito ai lettori è allora quello di non pensare solo alla letteratura in senso classico, ma di aprirsi, immergersi e assimilare ciò che si legge, si guarda e si ascolta, lasciandosi ispirare su più fronti.