di Arianna Limoncello
Gli uomini d’oggi secondo me hanno più bisogno di sentimenti che di ideologie
Così Goffredo Parise si riferisce al progetto editoriale che dà origine alla serie di racconti riuniti sotto il titolo di Sillabari. È la necessità di una parola semplice, minima, che possa descrivere noi stessi e il mondo circostante a costituire la genesi di 54 “poesie in prosa” ordinate dalla A di Amore alla S di solitudine, lettera alla quale lo scrittore dichiara di “essersi dovuto fermare”. È firmato Rete Due il progetto di reinterpretare l’opera di Parise, ponendola in dialogo con il presente: la parola minima e essenziale, matrice dei Sillabari, si copre di una veste nuova attraverso la scrittura di venti racconti, I nuovi sillabari, elaborati da venti scrittori e scrittrici svizzeri e svizzere di lingua italiana. Ci vengono donati quindi venti “ritratti in miniatura di come siamo cambiati e di ciò che resta immutabile al cuore dell’esperienza umana”, interpretati dagli stessi autori e ascoltabili su Rete Due o online, sul sito della RSI.
A presentare il progetto, la mattina di domenica 15 maggio, sono giunti a Spazio Officina quattro dei venti scrittori e scrittrici coinvolti nel progetto: Maria Rosaria Valentini, Fabio Pusterla, Andrea Fazioli e Vincenzo Todisco, autori rispettivamente dei racconti Fame, Mare, Grazia e Madre.
Alla domanda di Sandra Sain, curatrice del progetto, sul rapporto fra gli autori e la cartografia sentimentale di Parise, essi rispondono parlando della loro esperienza di lettura della raccolta. Fazioli definisce Sillabari come “un’indagine netta dei sentimenti ma, allo stesso tempo, attenta alle sfumature, che l’autore insegna ad amare”. Pusterla ne parla mettendo in luce “la costante dialettica tra brevitas del racconto e precisione chirurgica con cui l’autore fotografa i movimenti dell’animo”, una precisione che, tuttavia, non rinuncia a spalancarsi alle possibilità: “è sempre accompagnato da una costante sensazione di indefinito che permette di spiccare il volo”. Todisco ricalca questa idea di minuziosità osservativa: “sono racconti in cui non succede niente ma, contemporaneamente, succede tutto. La peculiarità di Parise è cogliere il momento che scandisce il sentimento umano, come la donna che viene osservata nel gesto di sedersi”. Questo equilibrio tra apparenza – non dire niente – e significato profondo – raccontare tutto – viene ribadito, infine, da Valentini, la quale descrive l’esperienza della lettura di Sillabari come uno scavo interiore: “ti entra dentro e gira come un cacciavite”.
Al termine dell’incontro, abbiamo parlato con Vincenzo Todisco e Fabio Pusterla della genesi di questo progetto, del significato dell’interpretazione del classico e dell’importanza della ricerca di una parola essenziale oggi.
Qui è possibile ascoltare l’intervista a Vincenzo Todisco:
Qui è invece possibile ascoltare le parole di Fabio Pusterla: