di Arianna Limoncello
O capitana, nostra capitana
Cultura è impegno sociale, politico, umano. Cultura è saper rompere le barriere per anteporre la dignità umana a qualsiasi norma o legge. Cultura è avere il coraggio di prendere la decisione giusta. Ce lo insegna Carola Rackete, approdata al porto di ChiassoLetteraria per parlare della sua esperienza non solo come capitana della Sea-Watch 3 che, nel giugno del 2019, fece sbarcare al porto di Lampedusa 40 migranti che da settimane attendevano una decisione riguardante la loro sorte, ma come ricercatrice, come attivista ambientale, come scrittrice de il libro The time to act is now – edito in lingua italiana per Garzanti con il titolo Il mondo che vogliamo nel 2019 -, come persona impegnata e decisa a costruire una società più aperta, libera e consapevole.
È all’insegna della poliedricità tematica e dell’allargamento degli orizzonti che Rackete profila due interventi molto significativi, uno per la stampa e uno aperto ad un pubblico emozionato che ha accolto calorosamente la capitana nel pomeriggio di sabato 14 maggio presso il Cinema Teatro. L’esperienza legata alla Sea-Watch 3, infatti, è solo il preambolo per poter mettere in luce i molteplici legami fra migrazione, cambiamento climatico e riflessioni di genere. Un denominatore comune soggiace a questa lettura sistemica della società problematizzate da Rackete: la costante attenzione alle “vittime dell’obbedienza civile”, alle quali è dedicato il libro della capitana e sulle quali ella pone l’accento fin dall’inizio dell’incontro.
È su di loro, infatti, che Rackete dirotta le proprie riflessioni in risposta alle domande della giornalista Bettina Müller, ponendole al centro del discorso insieme alla necessità di trovare delle soluzioni per aiutarle. E quindi, come momenti indelebili dell’esperienza sulla Sea-Watch 3, Rackete ricorda in particolare, riferendosi ai migranti “la forza, la pazienza quando si trattava di aspettare fuori dal porto, la capacità di sopportare la situazione e supportarsi a vicenda (…) quando il loro futuro rimaneva incerto”. Alla domanda sulle esperienze di altri capitani simili a quella di Rackete, ella risponde rimarcando il vissuto di altri capitani della Sea-Watch e non solo, esprimendo il proprio dissenso sull’affare Mimmo Lucano, concludendo che in ogni caso “tutto questo è nullo in confronto a quello che sono costretti a subire i migranti – Rackete si riferisce nello specifico, in questo frangente di discorso, ai migranti tra Grecia e Turchi – i quali devono scontare pene durissime”.
Due sono le risorse per combattere contro l’emarginazione dell’essere umano, due mezzi che Rackete teorizza nel suo libro-manifesto fin dalle prime pagine: disobbedienza e unione. La disobbedienza è infatti un atteggiamento necessario per non conformarsi alle norme, quando esse vengono percepite come nocive e pericolose. La seconda risorsa, l’unione, dirotta il discorso verso un altro degli snodi citati in precedenza, ovvero la crisi climatica.
In merito a questo argomento, Rackete esordisce raccontando la sua storia e promuovendo l’idea che chiunque possa diventare un attivista da un giorno all’altro: “si pensa che gli attivisti provengano da famiglie di attivisti; non è così: io credo che chiunque possa diventare un attivista”. Rackete decide di diventare attivista al termine del suo Bachelor, quando, durante una spedizione al Polo Nord, vede con i suoi occhi la prova del deterioramento dei ghiacci: “Mi sentivo frustrata perché in quegli anni pullulavano rapporti scientifici per dimostrare il reale pericolo della crisi climatica, ma i politici non facevano nulla (…) Per quanto la scienza sia importante, non volevo produrre altri fatti scientifici perché essi sarebbero andati sprecati se non accompagnati da decisioni politiche. Assistiamo ad un grande squilibrio di potere tra tutti noi esseri umani che vogliamo vivere in maniera sicura e poche persone che ostacolano il pianeta prendendo decisioni ad esempio sui carburanti fossili”.
Per Rackete, quindi, l’accuratezza della ricerca scientifica deve avvalersi di conseguenti azioni concrete e puntuali, fondate sull’unione delle persone, per cambiare la società: “occorre parlare non solo di concetti astratti come l’aumento della temperatura di un grado, ma anche di azioni concrete per affrontare problemi molto pratici che ci presenterà il futuro”. Sono quindi le azioni concrete che devono porsi alla base delle mobilitazioni per il clima che negli ultimi anni sono diventate sempre più frequenti.
Il motore e il cuore pulsante del cambiamento risiede nella collettività: “dobbiamo renderci conto delle nostre responsabilità per adottare una strada giusta, un comportamento più equo. Dobbiamo essere coscienti che il cambiamento non è nell’individuo, bisogna che le persone si mettano insieme, si uniscano per modificare la struttura del potere. (…) La responsabilità non è mai quella di una persona sola”.
Grazie capitana: noi di ChiassoLetteraria siamo convinti che le tue riflessioni e il tuo impegno potranno costituire una bussola per orientarci nella società e approdare al prossimo porto molto più arricchiti e consapevoli.