Di Rossana Tanzi
Anche quest’anno, come da consuetudine, il Poetry Slam si ritaglia uno spazio all’interno della programmazione del festival.
È un momento molto apprezzato dal pubblico, che toglie la poesia dal suo piedistallo e ne fa una questione comunitaria, collettiva.
Il format, al solito, è il seguente: cinque poeti si sfidano a suon di poesie, le giurate ed i giurati eletti fra il pubblico assegnano un voto da 1 a 10. Gli artisti hanno due turni per convincere il pubblico con le loro parole, con la loro presenza scenica, con suoni e immagini, e senza risparmiarsi i colpi di scena. Alla fine, i più votati si affrontano nella sfida finale, dove il vincitore viene decretato dalle urla del pubblico. Conduce le danze l’inimitabile Marko Miladinovic, accompagnato dai simpatici stacchetti musicali di Flavio Calaon.
Venerdì è andato in scena un Poetry Slam d’eccezione sul palco del cinema Excelsior: Roberta Bisogno (Roma), Lia Galli (Lugano), Antonio Amadeus Pinnetti (Milano), Rodolfo Ceré (Zurigo) e Louis Costagliola (Bellinzona) si sono sfidati in un duello all’ultima rima che ha visto contrapporsi stili e personalità molto diverse, tutti molto apprezzati dal pubblico.
Una poesia snocciolata dal ritmo di un orologio ticchettante, un momento para-politico sullo sgombero dell’ex macello di Lugano, un’improvvisazione sorprendente, dei versi anche in dialetto e la scelta di apparire alla Madonna: ecco cosa vi siete persi se non avete potuto assistere al Poetry Slam di questo Pianeta Proibito.
Prima della finale c’è stato però il momento più acceso della serata: il super-ospite transnazionale Stefano Raspini, da Reggio Emilia, che con la sua presenza scenica ed i suoi versi ha fatto della provocazione il fulcro della sua attività artistica. Memorabile il momento in cui, accasciato sul pavimento del palco, ha preso ad inveire: “Veronica! Veronica! Tr**a megatronica!”
Alla fine sono rimasti in due: nella finalissima si sono affrontati Antonio Amadeus Pinnetti e Rodolfo Ceré, due stili molto diversi tra loro a competere per il titolo di vincitore.
Pinnetti fa dell’improvvisazione la sua cifra stilistica, passando dalle forme di Pamela Anderson alla voce di Umberto Eco, dall’ecologia al significato di poesia, in un ritmo senza soluzione di continuità, in cui le parole avanzano come un fiume da seguire d’un sol fiato.
Più riflessivo è Ceré, che dopo aver conquistato la platea con una poesia in dialetto, musicale e ben scandita, racconta della vita “al di qua” e “al di là” del confine, con immagini e figure che sicuramente risuonano nel nostro vissuto.
Due modi di fare poesia molto diversi che hanno diviso la sala, al punto da rendere impossibile decretare un vincitore: si è dovuti ricorrere alla classica moneta, e dopo un breve momento di confusione, Rodolfo Ceré si è aggiudicato il titolo.
E così, con un piccolo inchino collettivo, il Poetry Slam saluta e dà appuntamento al prossimo anno.