di Arianna Limoncello
Non appena si varca la soglia dello Spazio Lampo, in via Livio a Chiasso, l’impressione è quella di immergersi in un’atmosfera decisamente particolare. Si è subito avvolti da una calda musica elettronica che riempie la stanza: al centro si staglia una scultura di legno a forma di arco che cattura magneticamente l’attenzione degli spettatori. Si tratta di Gate, un omaggio dell’artista Alice Ronchi ad un mondo a cui lei è emotivamente molto legata, quello fantascientifico. È infatti intriso di estetica fantascientifica il portale che Alice intende rappresentare con la sua scultura, un punto di transito per altri mondi, un accesso a nuove realtà e nuove dimensioni, un’occasione di incontro con il diverso e con lo sconosciuto. È una forma, ci spiega Alice, contemporaneamente “aliena e familiare”, nata grazie ad una caratteristica dell’artista che si eleva a una sua postura, un suo modus operandi, una lente attraverso cui osserva il mondo circostante: la curiosità e la capacità di meravigliarsi. Ad accompagnare la scultura di Alice vi è la musica realizzata dal fratello Leonardo Ronchi, compositore e sound-designer che ha ri-sonorizzato il trailer de Il Pianeta proibito, proiettato su uno dei muri dello Spazio Lampo. Un sodalizio artistico che contribuisce a caricare emotivamente l’atmosfera e che conferisce, come ci dirà Alice, ulteriore significato all’opera. All’uscita dalla mostra, Alice ci spiega il suo significato e il processo artistico e umano che ha portato alla sua realizzazione.
Da dove nasce questa tua passione per la fantascienza?
Da mia madre che ha fatto crescere me e mio fratello guardando tutti gli episodi di Star Trek praticamente ogni giorno. Lei infatti amava molto non solo Star Trek, ma in generale i film di fantascienza perché sosteneva che i personaggi viaggiavano spinti dalla curiosità di conoscere nuove realtà e nuove dimensioni, aspetto che mi ha sempre affascinata e incuriosita a mia volta. La curiosità è il motore che muove sia me (con la scultura) sia mio fratello che è musicista ed è affascinato dalle colonne sonore dei film. Sono appassionata di set e scenografie composte da elementi ordinari disposti in maniera straordinaria; questa scultura, la quale rispecchia l’estetica tipica degli anni del film, che è realizzata con un materiale estremamente familiare, ovvero la radica, incarna tuttavia qualcosa di alieno con quella forma. È contemporaneamente aliena e familiare.
Ti muove la curiosità di esplorare nuove dimensioni… e forse questa tua inclinazione si lega alla rappresentazione di una porta come collegamento fra due mondi.
La scultura, che porta il titolo di Gate, richiama e simboleggia l’elemento architettonico del portale ma strizza l’occhio anche a Robby the Robot nel film (infatti ha un’antenna alla sua sommità). L’idea era quella di creare una creatura che simboleggiasse l’idea di passaggio, inteso in maniera metaforica come l’ingresso in un’altra dimensione, come se fosse l’inizio di nuovi mondi da esplorare. La scultura, a sua volta, ha sembianze familiari (rappresentate dal legno e dalla forma che richiama una porta) ma incarna al contempo qualcosa di misterioso.
Come mai la scelta di allestire un’esposizione che abbina la scultura alla colonna sonora di un trailer, due arti apparentemente lontane?
Siccome la difficoltà riguardava lo spazio non semplice da gestire, l’idea era individuare un unico elemento che potesse essere chiave di lettura dell’intera storia, in questo caso il portale. Questo elemento tuttavia porta con sé un mondo, un immaginario e non è solo uno dei tanti elementi sterili di una scenografia, è una sorta di personaggio ma al contempo anche di ambiente. Per quanto riguarda la dimensione sonora, l’idea era quella di realizzare una musica che potesse avvolgere lo spazio e la scultura e in qualche modo condurre lo spettatore verso una dimensione un po’ più immaginifica: l’intento era quindi di accompagnare, di suggerire, senza troppo dichiarare che la dimensione a cui si stava facendo riferimento era quella spaziale. Infatti la melodia composta è realizzata con sintetizzatori tipici di quegli anni; mio fratello è dotato di una sensibilità altissima che rende quest’esperimento non un semplice un esercizio di stile. È qualcosa di molto più emotivo e anche per questo aspetto tengo moltissimo a questa collaborazione.
Dal momento che un elemento del binomio su cui si impernia la tua ricerca artistica è l’elemento alieno, che ruolo ha nella tua arte l’idea di diversità? Cosa apre?
Apre alla curiosità. L’aspetto più bello dei viaggi nello spazio è l’incontro, che poi faccia paura, che poi sia curioso, che poi abbia luogo in un film, nell’immaginazione o nella realtà, l’idea è sempre quella dell’incontro. Per me l’alieno fa parte di tutta quella possibilità d’incontro.
La mostra sarà visitabile allo Spazio Lampo fino al 12 settembre.