di Mara Travella
Cari amici di Chiassoletteraria,
È tempo di bilanci (e forse siamo già un po’ in ritardo): si è concluso, domenica, il nostro festival, e tutti abbiamo ancora addosso l’atmosfera, gli sguardi, le parole leggere e importanti insieme, di questi quattro giorni.
Rossana, Alessandro, ed io abbiamo cercato in queste lunghe giornate di raccontare i momenti di scambio fra le autrici, gli autori, e il pubblico. Di mettere qualche parola sugli incontri, di aggiungere un’intervista a quello che è successo. Per lasciare una traccia che possa essere recuperata anche più in là, cibo nella dispensa.
La quattordicesima edizione, iniziata già con il concerto dei fratelli Mancuso il mercoledì, l’installazione di Tim Story giovedì e l’incontro tra le classi delle medie e lo scrittore zurighese Thomas Meyer il venerdì mattina, si è inaugurata ufficialmente la sera dello stesso giorno con Wole Soyinka. Il Nobel nigeriano, scrittore e drammaturgo, ha parlato della scrittura e della potenza del teatro, che grazie alla fisicità, alla continua necessità di reinventare, permette di potenziare la pagina scritta dandole una forma corporea, una dimensione orale. Soyinka ha anche avvicinato gli eventi recenti legati alla Nigeria: rimaniamo come bloccati nel silenzio quando Soyinka riesce a toccare la tragedia delle donne vittime della ferocia di Boko Haram con delicatezza, e con fermezza. Scopre l’uomo dietro il personaggio – che pure incanta il pubblico, tra aneddoti reali e “spaziali” – quando dice «penso sempre, se fosse mia figlia, a cosa farei io».
Lasciate che vi parli subito di Basma Abdel Aziz – l’incontro di sabato – perché nella sua impossibilità a tacere – quasi anche per lei si potesse affermare «ci sono cose che ti scelgono» – Basma ha una necessità di dire, di scrivere, che appartiene tutta anche al discorso del Nobel nigeriano. Certo, ‘La Ribelle’ non può – per storia, per esperienza, o anche solo per pubblicazioni – accomunarsi, sul piano letterario, a Soyinka, eppure quando la giovane scrittrice egiziana è entrata allo Spazio Officina e ha iniziato a parlare, raccontandoci di come il suo romanzo La Fila (Nero, 2018) sia l’avvertimento a non cadere nelle dittature, di come scrivere sia stato più importante che vivere per alcuni giorni – 10 ore al giorno per due mesi di fila, senza interrompersi – lì c’è stato quell’attimo in cui abbiamo capito che quell’impossibilità a tacere, a farsi soggiogare dalla paura, muove sempre le voci dei grandi, e di fronte ne avevamo la prova. Abdel Aziz è la ‘piccola grande donna coraggiosa’ che a Chiasso non abbassa lo sguardo nemmeno quando le viene chiesto se non teme la censura, qual è insomma il prezzo che è disposta a pagare: «till the end», dice. Sabato abbiamo avuto con noi Bifo Berardi – con il suo emblematico Futurabilità (Nero, 2017) – non un compagno qualsiasi, ma uno che nella sua parola mette tutto il gesto, tutto lo sguardo critico di chi avverte lo sgretolarsi del mondo. Franco Bifo Berardi ci ha tenuti e guidati nel suo discorso – l’impotenza, la coscienza, l’intelligenza e l’onestà – mentre ci attaccavamo alle sue parole, spigoli del tempo presente. Domenica mattina abbiamo invece messo al centro la giustizia, il terrorismo, la democrazia: a guardarle, a parlarne, ci sono stati Gabriele del Grande e Dick Marty. Il famoso “Mondo Nuovo” su cui tutti erano invitati a riflettere è stato qui guardato come un mondo che non deve dimenticarsi del germe da cui sono nati certi movimenti terroristici, dell’errore di confondere come lotta quella che in realtà è l’abolizione delle nostre libertà, un mondo che non deve essere succube dell’odio, ma comprendere i meccanismi, i rapporti di causa-effetto, dietro le azioni.
Non ci siamo fatti mancare niente. Abbiamo avuto incontri sulla giovane letteratura svizzera, come quello tra Gianna Molinari e Aude Seigne, o quello tra Elisa Shua Dusapin e Alexandre Hmine; abbiamo ospitato voci importanti della letteratura italiana, come Andrea Pomella, Chiara Codecà, Andrea Bajani, Ermanno Cavazzoni e ancora siamo andati in Francia con Antoine Volodine, in Brasile con Juliàn Fuks e in Norvegia con la ‘regina dei ghiacci’ Monica Kristensen, abbiamo sentito parlare di poesia Enrico Testa e Fabio Pusterla. Nei contorni del Festival abbiamo trovato la musica. Che sia tango – con la voce di Davide Sparti – milonga, o funky, fino ad arrivare al concerto di Hans-Joaquim Roedelius, musicista e compositore tedesco precursore della musica elettronica contemporanea; e anche installazioni sonore, come quella di Tim Story allo Spazio Lampo. Abbiamo ospitato performance, come quella della Cie Budge di venerdì, o quella della durata di 24 ore intitolata “Mein Vater erzählt mir jeden Sonntag unsere neun planeten”, la prima esperienza da astronauti di Francesca Sproccati e Alan Alpenfelt. Abbiamo davvero abitato Chiasso in queste giornate cercando di avere cura per la letteratura ma anche per la musica e per l’arte e, perché no, ci si è preoccupati anche – e su questo Chiassoletteraria è forte – che ci fosse un bicchiere di buon vino per scambiare due chiacchiere.
Cari amiche e amici di Chiassoletteraria, una bellissima poesia dell’Anedda dice «se devo scrivere poesie ora che invecchio / voglio vederle scorrere, perdersi in altri corpi / prendere la vita e nel frattempo splendere sulle cose vicine / tenermi compagnia come le cipolle sbucciate nella luce /mentre preparo un brodo con gli occhiali offuscati / appunto un verso su un foglio e a volte mi ferisco / scambiando la penna col coltello». Abbiamo fatto splendere, credo di poterlo dire, con le parole di questi dibattiti, le cose vicine, i libri che ci raccontano di noi e di luoghi, di situazioni reali – la Nigeria, l’Egitto, il Brasile, la Norvegia – che magari prima non conoscevamo ma che attraverso la letteratura possiamo avvicinare. È anche in questo che Chiassoletteraria si mostra come un festival internazionale: per la sua capacità di bilanciare lo sguardo dentro e lo sguardo fuori, il mondo nostro e il mondo dell’altro. Abbiamo credo fatto scorrere le parole e le abbiamo lasciate negli sguardi del pubblico, ritrovate nei libri, davvero abbiamo preso la vita in tutta la sua bellezza, nella sua drammaticità, nella sua forza. A volte quello sguardo è stato un coltello che ci ha ricordato l’orrore delle dittature, gli errori dell’umano nei confronti della natura, o il coltello che apre la ferita della difficoltà a prospettare un futuro migliore. Ma abbiamo anche riso , ci siamo sorpresi di fronte all’ironia della parola poetica, abbiamo fatto nuove amicizie, sentito che spingere avanti le parole e i libri per costruire un Mondo Nuovo non è sbagliato, e che siamo tanti quanti le sedie dello Spazio Officina almeno, allora ‘si può fare’. Grandi autrici e grandi autori ci hanno detto di non dimenticarci che a fare questo Mondo Nuovo ci siamo anche noi, e che non essere indifferenti – come ci ha ricordato Dick Marty – è il primo passo per essere il motore del cambiamento. È tempo di bilanci, non solo quindi perché si è conclusa la quattordicesima edizione del Festival, anche per il nostro mondo, per tutto quello che ci scoraggia e che ci spinge, per tutto questo presente che ci bombarda e da cui possiamo proteggerci con coraggio, con la letteratura, con gli scambi umani e letterari che qui possiamo trovare.
Grazie davvero al Festival di Chiassoletteraria per lasciarci partecipare, per essere spazio di germogli, grazie a chi ci ha permesso di scrivere sugli incontri – al comitato davvero va il nostro grazie! – e a tutte e tutti quelli che collaborano affinché i giorni di Festival siano così un po’ indelebili, un po’ difficili da scrollarsi via. A Franco piace sempre dire che il Festival è fatto dell’attenzione per le piccole cose, «piccole cose che splendono», aggiungerei.
Arrivederci all’anno prossimo!