Di Rossana Tanzi
Marzio Mian, giornalista esperto di artico, ha condotto ieri a Chiasso Letteraria il dialogo con la regina dell’esplorazione artica, Monica Kristensen: fisica, meteorologa e glaciologa, ha guidato numerose spedizioni in Artide e Antartide, ed è stata la prima donna a ricevere la medaglia d’oro della Royal Geographical Society. Dal 2007 si dedica anche alla narrativa, e la sua serie di romanzi ambientati alle isole Svalbard (dove tra l’altro ha vissuto per due anni) sono un cult in vari paesi.
L’ultimo, Il viaggio di Amundsen, edito per Iperborea e presentato in anteprima proprio qui a Chiasso, è un libro-documentario, scritto con grande capacità narrativa e con un’attenta ricerca psicologica dei personaggi ma assolutamente fedele ai documenti storici.
Il contesto è quello di una sfida fra nazioni per la corsa all’artico, una sorta di sbarco sulla luna ante-litteram (siamo negli anni 20): i ghiacci sono l’ultima frontiera del mondo inesplorato. Italia e Norvegia si sfidano in una competizione polare, guidate rispettivamente da Umberto Nobile e Roald Amundsen, due esploratori accomunati da una forte personalità ma molto diversi tra loro. Proprio questa rivalità dà origine al romanzo della Kristensen, che racconta al pubblico del primo incontro tra i due:
La differenza tra Nobile e Amundsen era una differenza di personalità, e c’è un piccolo episodio che lo illustra perfettamente. I due si incontrarono già nel ’23, in Italia, e Nobile voleva mostrare al norvegese la sua fabbrica di dirigibili, quindi partirono in auto da Roma. Nobile, come tutti gli italiani, è un autista “sportivo”… Amundsen disse poi ai suoi compagni “Quest’uomo è pazzo! Non parteciperò mai a una spedizione insieme a lui!”
Bisogna dire poi che Amundsen era un po’ bruttino, mentre Nobile era elegante, bello, affascinante, …insomma Amundsen non era niente, in confronto a un italiano!
È il 25 maggio 1928, e il dirigibile “Italia”, capitanato da Nobile, si schianta al Polo Nord.
Nonostante la rivalità nazionale, e personale, tra l’italiano e il norvegese, Amundsen non esitò un secondo quando gli fu chiesto se volesse organizzare una spedizione di salvataggio. “Right away”, rispose. Purtroppo le cose non andarono per il verso giusto.
“Per mare, nello spazio, in montagna: quando un collega ha bisogno di aiuto si sacrifica tutto, pur di aiutarlo. Anche nel caso del dirigibile Italia, dove 16 persone sono morte per salvare i 9 dispersi tra i ghiacci.”
È una vicenda intensa e appassionante, con vari risvolti socio-politici e ripercussioni sul mondo di allora, e anche grazie alle domande del preparatissimo Mian la discussione tocca molti argomenti, dalla politica all’economia.
L’estate del 1928 è stata un punto di svolta: 23 navi e 30 aerei, provenienti da nazioni diverse, si sono riunite attorno alle Svalbard per cercare di salvare Nobile e il suo equipaggio.
Una manifestazione di forza e di interessi politici, di collaborazione internazionale e di avanguardia tecnologica: un’operazione di soccorso di quelle proporzioni nell’artico non c’era mai stata, e non si è più ripetuta.
Dall’incontro emergono l’affabilità e la simpatia della Kristensen, che ci racconta la sua passione per gli esploratori italiani, “beautiful as movie stars”, ma si intravvede anche la sua forza di carattere. Tornando al presente, si parla delle Svalbard, e delle esplorazioni di Russia, Cina e Stati Uniti al nord, anche in cerca del petrolio: la sua opinione in merito è ben chiara.
La Norvegia è un piccolo paese. Io sono un piccolo essere umano in confronto a un orso polare, ma non mi fanno paura gli orsi polari. Prendo le mie precauzioni, e so che un orso spesso non vuole farmi del male, ma se fosse il caso, gli sparerei. La Norvegia non dovrebbe essere in conflitto con la Russia, la Cina o gli Stati Uniti, presupponiamo che siano all’artico per ragiorni scienfiche e che non vogliano farci del male. Se però fosse il caso, se dovessero provare a strappare le Svalbard alla Norvegia, allora lotteremmo fino all’ultimo sangue.
Sono molto più preoccupata delle esplorazioni sulla luna però, non mi preoccupo per l’artico: non c’è molto altro oltre al ghiaccio!
Con un grande applauso per una grande donna si chiude l’incontro, che segna ufficialmente la fine di Chiasso Letteraria. Cala il sipario su questa edizione, arrivederci all’anno prossimo!