Facciamo un passo indietro, tornando al Poetry Slam della dodicesima edizione del festival. Poeti e autori, svizzeri e italiani, hanno presentato al pubblico alcune opere legate al tema di quest’anno: il bosco. Paolo Agrati, uno dei principali slammer italiani, si occupa sia di poesia, che di scrittura e musica. È narratore e cantante nella spleen orchestra, band che ripropone i film di Tim Burton.
“Che m’importa se qualcuno
Leggerà le mie poesie
Le parole rimangono parole
Anche se nessuno le ascolta.”
Paolo Agrati, da Nessuno ripara la rotta, La Vita Felice
Ecco la prima domanda: Che cosa ci da in più la poesia rispetto alla letteratura?
La poesia è immediatezza. Un verso colpisce con poche parole e apre un universo che spetta al lettore di esplorare. È un viaggio da compiere in solitudine.
Quando ha cominciato a scrivere poesia?
Alle scuole superiori, leggendo poeti moderni del 900, come Ungaretti, percorrendo una strada a ritroso ho realizzato che la poesia è un linguaggio che capisco. Vivian La Marc tenne un concorso letterario, che vinsi con un mio amico. Per me scrivere è un’esigenza e sono rimasto negativamente colpito dalla noia dei presenti. Il difficile è parlare a chi ti ascolta, la poesia riapre un canale di comunicazione dove il sentimento si riflette dall’autore al lettore.
Ho letto la sua poesia sul 25 aprile 1944 “S. Anna di Stazzema”, che narra della strage da parte dei Nazisti, eppure mi sono detta “che bella poesia”. Come si riesce a trasmettere tanta bellezza nella tragedia?
Sul posto sono rimasto profondamente colpito. L’obbiettivo dell’arte è quello di trasferire l’emozione del momento, ma dallo scrittore al lettore questa emozione viene filtrata. Lo scrittore deve essere capace di descrivere il momento per arrivare poi all’elemento essenziale.
Secondo lei, la passione per la lettura può nascere a scuola?
La scuola ha un ruolo fondamentale, ma può nascere in tanti altri ambiti. Basta essere aperti alla scoperta ed essere disponibili a crescere – e questo è fantastico.
I ragazzi stanno perdendo la voglia di leggere? Secondo lei la disponibilità di nuovi strumenti informatici, per esempio l’Ebook, avvicina i giovani alla lettura?
L’introduzione dei social rende la lettura più immediata. La tecnologia diventa parte della normalità e il tempo dedicato alla lettura è più breve. Lo scopo ultimo non è più nell’utilità, ma nel gusto personale. Non so se sarà un problema o un’opportunità per la società del futuro.
A scuola ci insegnano ad analizzare i testi, estraendo concetti e figure simboliche che, a volte, sembrano costruiti da chi legge e analizza. Da scrittore, elabora veramente ogni minimo dettaglio? Esiste una giusta interpretazione?
Si può analizzare un testo con due approcci: quello emotivo e quello strutturale. In questo senso con gli stessi due approcci si può anche scrivere. Analizzare e quindi spezzare un testo non per forza lo rende meno fluido, ma aiuta la sua comprensione. In un mio testo riguardante Cristo nascosi l’immagine di una croce:
…Ed ora distese sanno,
le strade dell’edera trovano tegole prima o poi.”
Che cos’è e da cosa nasce The Spleen Orchestra?
È difficile anche per me spiegarlo, perché non è né un musical né un concerto. È nato per caso nel 2009 nell’organizzare una serata, mettendo in scena Nightmare before Christmas, essendo tutti noi appassionati ai film di Tim Burton. Quella sera ci siamo stupiti del successo ottenuto e il progetto era capace di autofinanziarsi. Ciò che trovo divertente è che pur non sapendo cantare, sono la voce del gruppo.
Qual è la sua opera preferita di Tim Burton?
Big Fish perché è la mediazione tra la follia di Burton e un film tradizionale, tra favola e realtà.
Intervista di Martina Borghesi
Foto di Omar Cartulano