La sua carriera di artista è iniziata nella poesia, ma più tardi si è dedicata alla musica e oggi si esibisce anche come sassofonista. Durante l’incontro ha detto che la poesia ci porta in un “mondo in cui le parole non esistono”, un po’ come la musica. Come combina poesia e musica? Qual è secondo lei la loro relazione nella sua espressione artistica?
Sono entrata nel mondo della poesia attraverso la musica in realtà, ho preso ispirazione da mia madre, a sua volta cantautrice. Ho sempre amato leggere e ascoltare poesie. Inoltre, bisogna ricordare che poesia, musica e danza sono venute al mondo insieme. Infatti guardando alle tradizioni poetiche di molti paesi, e pure alle tradizioni Mvskoke come a quelle italiane, la musica si trova sempre a stretto contatto.
Una curiosità: il sassofono non è esattamente il primo strumento che si associa alla musica dei nativi americani. Che cosa l’ha affascinata tanto di questo strumento da spingerla a farne una carriera musicale?
Il sassofono è stato inventato da Adolphe Sax, in Belgio, e fu un’invenzione che gli creò diversi problemi. Si può dire che sviluppare questo strumento gli ha rovinato la vita. Io però amo il sassofono, e desidero onorare la sua memoria. Inoltre bisogna ricordare che sia il blues che il jazz sono stati influenzati dalle tradizioni musicali Mvskoke, anche se la storia della musica americana tende a dimenticarlo. Spero che, in futuro, con la mia musica anche il sassofono verrà considerato uno strumento tipico dei nativi americani.
La mia ultima domanda è in merito alla relazione “passato” e “futuro”. Pensa che la storia e le tradizioni dei nativi americani verranno davvero abbracciate dalle generazioni future? Mi riferisco in particolare alla loro relazione con il mito del “sogno americano” e la spinta al progresso. Pensa sia possibile, per queste due realtà, costruire un futuro insieme?
Prima di tutto bisogna dire che in America è presente una moltitudine di culture native, non ve ne è una soltanto. Penso che l’unico modo affinché due persone, chiunque esse siano, possano vivere insieme sia attraverso l’ascolto, la comprensione e lo sforzo di creare un luogo che possa accogliere entrambe. Senza questi elementi la coesistenza è impossibile. Sono diventata nonna a meno di quarant’anni, e questo mi ha permesso di testimoniare come la cultura si trasmetta di generazione in generazione. Talvolta è leggermente diverso, e la gente torna alle tradizioni soltanto più tardi. Recentemente io e mio marito siamo tornati a vivere nelle terre dei nostri antenati, dove vivevano prima delle deportazioni forzate nelle riserve indiane, come ho raccontato nella mia nuova poesia, “Come scrivere una poesia in tempi di guerra”. Scrivendo la poesia ho realizzato che a nostra volta noi siamo i nipoti dei nostri antenati. Mi ha colpita perché in questo non siamo molto diversi dagli uccelli o da altri animali: il nostro istinto è costruire, per ritornare a casa.
Intervista di Manuela Fulga
Foto di Omar Cartulano